Questo mondo non è più bianco di James Baldwin

 

“Questo mondo non è più bianco” di James Baldwin
Editore:
Bompiani
Pagine: 224

“Va ricordato che l’oppresso e l’oppressore sono uniti tra loro all’interno della stessa società; essi accettano gli stessi criteri, hanno gli stessi convincimenti, dipendono entrambi dalla stessa realtà. Dentro questa gabbia è romantico, anzi, è insensato, parlare di una “nuova” società come desiderio dell’oppresso, perché l’agghiacciante dipendenza dai puntelli della realtà che egli condivide con l’Herrenvolk rende impossibile concepire una società veramente “nuova”.”


Parlare di questi saggi non è affatto facile, non soltanto perché toccano la questione del razzismo che è ancora presente nel mondo ed è considerato un argomento “spinoso”, ma anche perché bisogna immedesimarsi nella posizione dei neri d’America.
Una posizione storicamente unica per molteplici ragioni: non solo hanno perso la storia dei loro avi, delle loro origini, nel momento in cui i loro antenati sono stati strappati dall’Africa dalla tratta degli schiavi, ma oltre questo l’unica storia che appartiene loro e che conoscono è anche quella di un’America (Stati Uniti in particolare, se parliamo del libro in questione) che ancora non li vede e non li vuole cittadini alla pari di chi nasce bianco nonostante l’abolizione della schiavitù e i movimenti per i diritti civili.
Si trovano quindi nella stessa società di chi non li accetta e non li vuole, eppure non conoscono altro e non potrebbero neanche volendo tornare ad altro perché le loro radici sono state recise e perse per sempre ai tempi della tratta atlantica degli schiavi.


“Cosa significhi essere un nero è molto più di quanto possa scoprire questo saggio; cosa significhi essere un nero in America può essere forse rivelato da un esame dei miti che noi perpetuiamo su di lui.”


Quindi ciò che fa Baldwin è una disamina chirurgica proprio degli stereotipi che gravitano attorno alla figura del nero d’America, iniziando anche da quelle manifestazioni che sarebbero dovute essere “positive” nella mente di chi le ha create – La capanna dello zio Tom, romanzo abolizionista del 1852, è il primo esempio – e che in realtà non fanno altro che perpetrare, anche inconsapevolmente, dei luoghi comuni dannosi per chi è nero: dannosi perché è in questa maniera che il bianco continuerà a percepire il nero, ma anche perché è così che il nero continuerà a percepire sé stesso nella società.

Se dovessi fare un discorso su tutto questo libro probabilmente farei a mia volta un saggio breve di almeno 20 pagine, quindi mi asterrò per il bene di tutti.
Però consiglio veramente questa lettura che, senza fronzoli, apre una prospettiva che raramente è contemplata nella letteratura e nella saggistica.

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