Pappagalli verdi di Gino Strada

 

Pubblicato su @labibliotecaerrante il 17 novembre 2021

“Pappagalli verdi” di Gino Strada
Editore:
Feltrinelli
Pagine: 160

Lo scritto è una sorta di diario, gli episodi narrati in maniera non sempre consequenziale trattano del Kurdistan, di Iraq e Iran, del Pakistan, del Ruanda, dell’Etiopia – ma più che le nazioni in sé, i protagonisti sono i feriti che Gino Strada si vede passare sotto gli occhi.
Bambini, nella maggior parte dei casi, rimasti feriti da mine, da esplosioni di razzi, o dai cosiddetti “pappagalli verdi” degli ordigni che vengono fatti cadere da elicotteri a bassa quota e che, muniti di alette, vengono raccolti soprattutto dai bambini che ci giocano prima che il meccanismo a pressione si attivi con conseguenze terribili.

Ciò che emerge dallo scritto di Gino Strada è un quadro sconfortante e sempre straziante.
Straziante perché si è costantemente messi a confronto con le vittime innocenti di ogni conflitto armato, persone che non c’entravano niente con la guerra e che avrebbero continuato a non averci nulla a che fare se solo non fossero incappati in una mina antiuomo o in chissà quale altro ordigno utile solo a mietere vittime e fiaccare lo spirito della popolazione.
Sconfortante perché troppo spesso si ha l’impressione – che si tramuta sempre in realtà – che ad affiancare Emergency non ci sia nessuno e che a nessuno interessi un bel niente di salvare vite umane a parte i medici di Emergency: l’ONU minimizza epidemie di colera “per non creare inutile panico” e consiglia di bere due lattine di birra al giorno per evitare il contagio, l’Organizzazione mondiale per la sanità invia qualche burocrate che sembra lì solo per intralciare il lavoro dei medici in prima linea, e molte delle mine antiuomo che feriscono indiscriminatamente bambini e adulti sono di fabbricazione italiana.

È difficile parlare di argomenti simili senza cadere nella retorica spicciola, posso solo consigliare di leggere queste 160 pagine.

 

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