Il richiamo di Cthulhu di Howard P. Lovecraft

 

"Il richiamo di Cthulhu" di Howard P. Lovecraft
Editore:
Feltrinelli
Pagine: 52

« Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire. »

 

Il richiamo di Cthulhu è diviso in tre atti separati, può essere trovato in svariate raccolte di racconti o a sé stante, come nel caso del libro in immagine, edito da feltrinelli in formato digitale per chiunque volesse affacciarsi agli scritti di Lovecraft senza imbarcarsi in un viaggio di 800 pagine di incognite esistenziali del tipo “mi piacerà o no?”, “lo stile di scrittura di Lovecraft fa al caso mio?” and so on.

I temi principali sono il culmine del pensiero di H.P. Lovecraft: la conoscenza proibita, l’attacco della mostruosità, il fato da cui non si può sfuggire e quindi l’impossibilità di salvezza.
Ciò che rimane ai protagonisti, alla fine, è l’accettazione di un’ineluttabile verità e l’attesa di un’inevitabile Apocalisse che sfugge alla comprensione umana, mentre al loro cospetto si apre un mondo intero di folli sette non collegate tra loro che però invocano gli stessi richiami e le stesse formule, di strane sparizioni in angoli remoti del globo terreste, e di culture che hanno abitato questa Terra prima degli uomini e che continueranno ad abitarla molto dopo il tramonto dell’umanità.

Come nel caso della raccolta di cui ho parlato precedentemente – e di cui questo racconto fa anche parte – Lovecraft lascia molto all’immaginazione del lettore; ci sono sicuramente descrizioni del terrore di cui tratta, ma girando attorno al terrore dell’ignoto e del deforme troveremo molti aggettivi tipo “terrificante” o “agghiacciante” e così via.
Alcuni potrebbero trovare questo un difetto, personalmente però credo che trattando un genere horror così strano, Lovecraft abbia voluto lasciare quel quid in più alla fantasia del lettore perché ciò che è terrificante per qualcuno può non esserlo per l’altro; leggere Lovecraft è quindi, per me, anche un buon allenamento per il cervello e per il muscolo della fantasia. Inoltre, più che la mostruosità fine a sé stessa, la sua scrittura riesce a creare atmosfera – che non è affatto facile.


Il racconto si apre nel primo capitolo “L’orrore nella creta”; il protagonista e voce narrante è Francis Wayland Thurston che rinviene i documenti del prozio defunto George Angell.
Tra il lascito di Angell c’è anche una cassa al cui interno Thurston rinviene un diario, dei ritagli di giornale e un bassorilievo in creta raffigurante un’entità mostruosa dalle lunghe ali e dai tentacoli che si dipanano dalla testa allungata. Il bassorilievo è opera di un giovane e geniale artista di nome Wilcox che sostiene di aver creato l’opera a seguito di alcuni sogni; Angell non crede subito a Wilcox, scopriamo leggendo il suo diario, ma si ravvede non solo quando lui stesso è vittima di alcune visioni inquietanti in sogno, ma soprattutto quando scopre che nello stesso periodo in cui l’artista sembra essere colpito da una febbre che lo porta al delirio anche altri avvenimenti assurdi sono capitati in giro per il mondo.

Nella seconda parte, “Il resoconto dell’ispettore Legrasse”, scopriamo che 17 anni prima di questi avvenimenti, Angell aveva già avuto a che fare con dell’iconografia simile alle raffigurazioni nella creta di Wilcox; ad una riunione di studiosi l’ispettore Legrasse si era presentato cercando risposte riguardanti una statuetta di una pietra ignota raffigurante proprio la stessa sagoma vista nei sogni da Angell e raffigurata dall’artista, più delle iscrizioni ignote a qualunque linguista.
È William Channing Webb, professore di antropologia a Princeton, che sembra avere qualche risposta grazie ad un viaggio in Groenlandia e Islanda da lui intrapreso ben 48 anni prima; qui una setta di esquimesi adorava qualcosa di tanto diabolico da spingerla a sacrifici umani e, come nella setta di New Orleans, pronunciavano una frase criptica: « Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtgn » ossia « Nella sua dimora di R’lyeh il morto Cthulhu attende sognando ».

Le indagini di Thurston su queste sette continuano e si scivola quindi verso la terza parte, “La follia venuta dal mare”, che ruota attorno ad un attacco di pirateria avvenuto nell’Oceano pacifico ai danni dell’equipaggio dell’Emma.
Portati fuori rotta da una tempesta, questi vengono attaccati da uno yacht; dopo aver risposto all’attacco e quindi sconfitto l’equipaggio dello yacht, su questo gli uomini dell’Emma trovano una statuetta simile a quella già incontrata nella narrazione e approdano quindi su un’isola non segnata dalle carte nautiche. Qui sei uomini dell’equipaggio perdono la vita, solo due tornano a bordo dello yacht e, di questi due, uno muore durante la traversata e l’altro – il secondo in comando dell’Emma – torna alla civiltà in evidente stato di shock.
A Thurston non resta altro che indagare per scoprire quali oscuri collegamenti ci possano essere a latitudini e longitudini così lontane.

Il racconto, come un’oscura profezia, si chiude dicendo che « Ciò che è emerso può sprofondare, e ciò che è sprofondato può riemergere. L’orrido attende e sogna nella profondità, mentre la decadenza dilaga sulle brulicanti città dell’uomo. »

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