Odio gli uomini di Pauline Harmange


Pubblicato su @labibliotecaerrante il 16 novembre 2021

“Odio gli uomini” di Pauline Harmange
Editore:
Garzanti
Pagine: 128

Questo saggio breve si apre con un episodio in cui tutte, prima o poi, siamo incappate o incapperemo: quando critichiamo gli uomini – intesi come maschi della specie umana – e si è donna, poco ma sicuro apparirà magicamente un uomo a darci delle misandriche. A dirci che odiamo gli uomini.
E Pauline Harmage fa un passo in più: ammette di essere misandrica. D’altra parte cosa mai ha fatto la misandria in confronto alle colpe della misoginia?
La misandria ha forse addosso il sangue di mille e mille uomini uccisi da donne come, invece, capita all’inverso con la misoginia? No.
La misandria è forse la solida base di discriminazioni di genere sul luogo di lavoro, per strada, nei luoghi in cui le leggi vengono scritte come invece è la misoginia? No.
La misandria – al contrario della misoginia – non è un nemico sempre presente, strisciante, che va a toccare tutte le aree della nostra vita, in qualsiasi latitutine e longitudine del pianeta.
La misandria – intesa come l’oppressione di un sesso da parte di un altro, come vero e proprio sistema organizzato di oppressione – non esiste come invece esiste la misoginia, anche se in questo tempo che sta forse mettendo almeno un po’ gli uomini di fronte alle loro sessiste colpe, molti uomini si sentono messi all’angolo e parlano di “caccia alle streghe” (con che coraggio, aggiungo io, usare fatti realmente accaduti in passato, in cui erano le donne ad essere perseguitate dagli uomini, per dar contro alle donne stesse).

Ecco, mi sono trovata d’accordo su molto, quasi su tutto quello scritto dalla Harmage, e se devo trovare una colpa a questo saggio è la sua brevità. Non perché sia certa che ogni saggio debba essere una mattonata difficile da leggere che impiega almeno 10 giornate da parte del lettore, ma perché credo che alcuni passaggi potessero e dovessero essere approfonditi meglio: per esempio la questione della misoginia interiorizzata, o l’assenza quasi totale di circoli più o meno fisici in cui le donne possano esprimersi senza la costante presenza maschile, fisica o mentale che sia (se dovessimo fare un Test di Bechdel con protagonisti gli ambiti delle nostre vite, quanti potrebbero essere “solamente femminili” e quanti invece potrebbero ancora dirsi fieramente “solamente maschili”? Sappiamo già dove penderebbe l’ago della bilancia).
Particolarmente importante, credo, un messaggio della scrittrice alle donne: se vogliamo qualcosa, ce lo dobbiamo prendere. Non dobbiamo aspettare che ci venga “concesso” da qualcuno. 

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