Il deserto dei tartari di Dino Buzzati
Post pubblicato su @labibliotecaerrante il 6 novembre 2021
“Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati
Editore: Mondadori
Pagine: 221
Il
giovane ufficiale Giovanni Drogo viene assegnato alla Fortezza
Bastiani, un avamposto all’estremo nord del Paese. La fortezza sorge
proprio a ridosso del “deserto dei Tartari”, una vasta distesa desolata
abitata solo da qualche roccia, ma un tempo teatro di incursioni
nemiche.
Tra ufficiali scrupolosi e attenti al protocollo, altri più
paterni e amichevoli, e marescialli-sarti convinti che saranno presto
richiamati in città anche se sono già 15 anni che sono lì alla Fortezza
Bastiani, si capisce in fretta che il vero protagonista del romanzo non è
Drogo, come non è nessuno dei militari ritratti.
Il vero
protagonista de Il deserto dei Tartari, l’unico insostituibile cardine
senza cui crollerebbe tutto, è il Tempo e come questo passi sulla
Fortezza e sui suoi abitanti.
L’arrivo alla Fortezza di Drogo sembra
un qualcosa di casuale destinato a risolversi in fretta, in qualche mese
tramite magheggi dell’ufficiale medico o, al più, in un paio d’anni.
Eppure,
nonostante gli avvertimenti di qualche maggiore incappato prima di lui
nello stesso tranello, Drogo si ritrova incastrato nelle maglie
dell’attesa, della lunghissima attesa di un nemico che forse non
arriverà mai dal nord.
Gli anni passano, l’attesa si allunga, e più
il tempo passa alla Fortezza, più Drogo si accorge di non essere più
adatto alla vita al di fuori di essa. Al di fuori della Fortezza e
dell’attesa stessa di quella grande occasione di eroismo che solo la
resistenza al nemico arrivato dal nord gli può dare.
Il deserto
dei tartari è stato un romanzo complesso e descriverlo è ancora più
complesso. A parte commentare lo stile di scrittura - alle volte un po’
troppo attaccato alla descrizione dei minimi particolari dell’ambiente o
ripetitivo nel descrivere la vita all’interno della fortezza, ma serve
per far tuffare il lettore in quella routine e in quel paesaggio
immobile e alienante – trattando del tempo tocca corde troppo intime e
differenti da persona a persona per poter dare un giudizio unico, netto.
È sicuramente un romanzo da leggere, se non altro per toccare con mano una delle pagine del Novecento italiano.
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