Il bufalo della notte di Guillermo Arriaga
Pubblicato su @labibliotecaerrante il 3 dicembre 2021
“Il bufalo della notte” di Guillermo Arriaga
Editore: Fazi Editore
Pagine: 276
Manuel
perde un amico. Avevano litigato, ma la morte di Guillermo –
suicidatosi con un colpo di pistola – colpisce lui e tutti gli altri che
attorno a Guillermo e Manuel vivevano.
Intanto, come dall’oltretomba, arrivano messaggi dell’amico suicida.
Prima
un pacchetto consegnato a Manuel dalla sorella di Guillermo, poi delle
lettere che arrivano a tutti loro e che rimandano a ciò che il suicida
diceva in vita.
In tutto questo, Manuel perde e ritrova svariati
legami e relazioni: con Tania, ex di Guillermo e amica d’infanzia con
cui ha avuto una relazione mentre l’amico era in clinica per la terapia,
con la sorella di Guillermo, e con Rebeca.
Questa è tosta: il libro non mi è piaciuto.
Iniziamo
dalla sinossi in quarta di copertina: “In una Città del Messico
affascinante e oscura” ...che fossero a Città del Messico me lo ha detto
la quarta di copertina, perché la storia non rimanda minimamente alla
città a parte qualche nome di via che potrebbe essere sostituito con una
il nome di una via di Malmo e non fare differenza.
Ma questo lo capisco – non è la città, la protagonista.
Quello
che capisco meno, molto meno, sono gli sprazzi misogini e omofobi di
cui questo libro è costellato. Scoppi di intolleranza e malignità senza
senso rivolti a donne o omosessuali, che niente danno alla trama e
niente danno ai personaggi a cui queste frasi sono messe in bocca.
Un personaggio è dichiaratamente omofobo, lo stesso narratore ne prende atto. E fin qui ok, esistono anche loro.
Ma
visto che nessuno della comunità lgbt è presente in questo libro né
l’argomento viene trattato nel romanzo, è davvero necessaria la pletora
di insulti verso chi è gay?
Oppure, per la misoginia: nessun
personaggio maschile viene descritto a fondo nelle sue caratteristiche
fisiche. Arriva una donna e zac! Discorsi molto poco gentili sulla
cellulite che questa donna ha sulle gambe e su come i suoi seni siano
“appetitosi”.
A parte un “che schifo” che aggiungo io, perché? Non
si vedrà mai più, questa donna, non verrà mai più nominata. Cosa dà
questo alla storia? Cosa dà questo al personaggio/narratore?
Gli
uomini sono tutte figure paterne e stoiche, le donne o sono madri o
oggetti meramente sessuali da giudicare come mucche alla fiera di paese.
In
più, nel mezzo, ci sono anche episodi – ugualmente senza senso, che non
portano a niente- di violenza contro gli animali. Così, per dare
colore.
Arrivata a 160 pagine su 220, ancora non capivo dove
volesse arrivare la narrazione – sempre la quarta di copertina mi parla
di “racconto di un rapporto viscerale di amore e amicizia che sopravvive
alla morte”. Probabile, io però non l’ho colto.
Ho colto però una
somiglianza con i romanzi della beat generation – che non apprezzo
particolarmente – e che vengono nominati nella narrazione.
Non conoscevo questo autore e, dopo questa esperienza, non credo approfondirò.
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