De profundis di Oscar Wilde

 

Pubblicato su @labibliotecaerrante il 26 settembre 2021

“De profundis” di Oscar Wilde
Editore: Feltrinelli Editore
Pagine: 129

Dopo essere stato processato per omosessualità, due anni dopo la condanna, Oscar Wilde riesce ad ottenere la possibilità di avere carta e penna in cella. Scrive così una lunga lettera ad Alfred Douglas, chiamato Bosie, che in realtà non sarebbe mai dovuta essere pubblicata e che è stata presentata al pubblico in più versioni, una sempre meno censurata della precedente, fino ad arrivare alla versione odierna.

La prosa di Wilde, nello scambio epistolare come nel romanzo, è semplicemente divina; ogni parola è attentamente scelta, ogni frase precisa e disarmante nel suo essere chirurgicamente diretta al punto pur non mancando di un’eleganza che può essere propria solo a chi è stato una delle penne più importanti dell’estetismo britannico.

Di tanto in tanto, la lettera indirizzata a Bosie pare più di tutto un pretesto per spietate riflessioni e confessioni a sé stesso su quelle che sono state le proprie debolezze, le storture del proprio carattere, gli eccessi di indulgenza nei confronti di un ragazzo che, con i suoi comportamenti, ha portato lo stesso Wilde alla rovina e quindi al carcere da cui scrive tutto ciò.
Le considerazioni di Wilde sul rapporto avuto con Alfred Douglas e sulla vita in generale sono acute, crude, spietate sia nei propri confronti che nei confronti dell’altro uomo - ma non per questo la lettura risulta pesante o “deprimente”. È solo dolorosamente chiara nel mostrare i ragionamenti avvenuti nella testa di Wilde durante la sua prigionia e mostrano un uomo profondo e buono, nonostante ciò che si dicesse dell’archetipo del dandy.
In fin dei conti lui stesso, in altre occasioni, disse di sé : 

«Basil Hallward è quello che credo di essere, Henry Wotton è come il mondo mi dipinge e Dorian Gray è quello che mi piacerebbe essere.»

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