Confessioni di un mangiatore d'oppio di Thomas De Quincey

 

Post pubblicato su @labibliotecaerrante il 20 settembre 2021

“Confessioni di un mangiatore d’oppio” di Thomas De Quincey
Editore: Edizioni Clandestine
Pagine: 112

Pubblicato in Italia anche con il titolo “Confessioni di un oppiomane” è uno scritto tipicamente ottocentesco nello stile (la prima pubblicazione risale al 1821) e pregno di un decadentismo romantico con cui l’autore guarda alle proprie disgrazie passate quasi con affetto, come fossero state esperienze formative per capire l’animo umano e la realtà.
Non stupisce quindi che De Quincey sia stato preso a modello dai decadenti francesi, primo tra tutti Baudelaire che tradusse parzialmente l’opera.

Lo stile di scrittura non è facile, pieno di incisi e di voli pindarici tipici di un flusso di coscienza quasi ininterrotto se non per la divisione in capitoli, e ad un lettore moderno alcune descrizioni di gruppi etnici o di nazionalità lontane da quelle europee potrebbero far storcere il naso – non per particolare cattiveria o ostilità da parte dello scrittore nei confronti dei suddetti gruppi, quanto più per una forma mentis di De Quincey tipica dell’uomo anglosassone ottocentesco – molto più del contenuto centrale dell’opera: un’apologia completa e totale, in contrasto anche con i medici dell’epoca, del consumo di oppio a scopo ricreativo o, per meglio dire, allo scopo di alleggerirsi la vita.
A parte una lode al consumo dell’oppio e una piccola parentesi sulle pene di questo (compresi i sintomi di quella che oggigiorno definiremmo crisi d’astinenza), in questa biografia appena romanzata trovano spazio divagazioni, introspezione e varie curiosità sulla contemporaneità dello scrittore che contribuiscono ad alleggerirne la lettura.

Nel complesso è stata una lettura piacevole anche grazie all’esigua lunghezza che contribuisce a non rendere lo scritto ripetitivo.

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