Cara Rose Gold di Stephanie Wrobel

 

“Cara Rose Gold” di Stephanie Wrobel
Editore:
Fazi Editore
Pagine:
360

Per i primi 18 anni di vita Rose Gold Watts ha creduto di essere malata. Un difetto cromosomico, diceva la madre Patty, dopo che le numerosissime visite mediche non avevano portato mai a niente.
Intanto Rose Gold era costretta a nutrirsi con un sondino, altrimenti avrebbe vomitato quanto ingerito, a muoversi con una sedia a rotelle per cercare di non sforzarsi troppo, altrimenti sarebbe caduta preda di svenimenti, e a rasarsi i capelli radi che crescevano irregolarmente a causa del suo scarsissimo peso corporeo.
Poi la svolta. Scopre che sua madre l’ha avvelenata per tutto il tempo.
Patty va in carcere a scontare 5 anni, Rose Gold rimane fuori e cerca di farsi una vita non parlando alla madre per ben 4 anni.
È al quinto anno che qualcosa cambia ancora: Rose Gold inizia a visitare la madre in carcere e, quando quest’ultima porta a termine la sua pena detentiva, la ospita a casa sua – la casa che ha comprato con i suoi soldi e in cui vive con il figlio Adam.
Qualcosa però non torna: cosa ha spinto Rose Gold a riavvicinarsi alla madre? Patty si è veramente pentita? Cosa l’ha spinta ad inscenare il malessere cronico della figlia?

Partiamo dalle specifiche “tecniche”: il libro alterna capitoli e PoV tra Patty e Rose Gold, permettendoci quindi di cogliere i pensieri di entrambe però su due linee temporali differenti. Il romanzo si apre con la scarcerazione di Patty e quindi con il suo punto di vista, e poi al seguente capitolo facciamo un salto indietro nel tempo per vestire i panni di una Rose Gold diciottenne subito dopo il processo che ha visto la madre come imputata e lei come testimone chiave.
Continua quindi così: nel presente seguiamo Patty e il suo ritorno nella comunità cittadina che l’ha conosciuta prima come madre coraggiosa di una figlia terribilmente malata e poi come carnefice di quella figlia, nel passato seguiamo Rose Gold e i suoi tentativi di farsi una vita, fino ad arrivare alla fine del libro in cui questi due PoV confluiscono nello stesso momento temporale.
È un libro scritto molto bene, i personaggi sono caratterizzati bene e non presentano incoerenze durante la narrazione, e in una certa qual maniera è persino possibile se non empatizzare con loro almeno capire perché facciano certe cose in determinati momenti.
La storia è liberamente ispirata a quella di Gypsy Rose Blanchard e di sua madre Dee Dee, una fatto di cronaca non tanto noto in Italia e infarcito di abusi su minore, sindrome di Munchausen per procura e un omicidio.

Il romanzo mi è piaciuto molto, ma quindi perché ne parlo in maniera così asettica?
...perchè è abbastanza disturbante, per molteplici ragioni che cercherò di accennare senza cadere in spoiler.
Di solito non mi faccio toccare così tanto dalle storie, ma in questo caso ho sentito della vera ansia nel leggere questo libro; dal secondo/terzo capitolo in poi è un crescendo di tensione, di domande che si accavallano, e a tratti anche di lavaggio del cervello tanto che mi sono ritrovata spesso a staccare gli occhi dalle pagine per fare mentalmente il punto della situazione.
Ciò che rende disturbante questo libro – e lo fa volutamente, quindi complimenti all’autrice – è proprio questa combinazione tra la sensazione di qualcosa di incombente, che sta per accadere, e l’altra sensazione di essere ad un passo dal cadere vittima in prima persona dei giochetti mentali di questo thriller psicologico.
A tratti, lo stile mi ha un po’ ricordato Gone Girl – se quindi vi è piaciuto quel romanzo, anche questo farà al caso vostro.

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